Titolo: Chi sarà stato. “Ho letto cento libri de cucina, de storia, d’arte e nun ce nè uno solo che citi cò la Pasta er Pastarolo che unì pè primo l’acqua e la farina. Credevo fosse una creazione latina, invece poi, m’ha detto l’orzarolo, che l’ha portata a Roma Marco Polo un giorno che tornava dalla Cina. Pè me st’affare de la Cina è strano, chissà se fu inventata da un cinese o la venneva là un napoletano. Sapessimo chi è, sia pure tardi, bisognerebbe faje….a ‘gni paese più monumenti a lui che a Garibardi“. Così ho voluto iniziare proprio con una poesia di Aldo Fabrizi e con una sfida regionale: Lazio contro Molise! Emmagari fossero tutte queste le sfide! Sarebbero tutti pronti a partecipare, diciamo che più che una sfida è stato un incontro fra tradizioni. Solo così potevo inaugurare il gift ricevuto dalla Molisana! Per questa ricetta ho utilizzato il pacchero. Come già sapevo questo formato è abbastanza ostico, perchè tende a spaccarsi, questo molto dipende dai minuti di cottura e dall’impiego (se si vogliono proporre ripieni e poi gratinati al forno o se presentati con un sugo) in questo caso pur rispettando i minuti di cottura ho notato che ahimè qualcuno si è aperto. Ciò non toglie che comunque la consistenza del pacchero mi ha permesso di farcirlo di condimento e di presentarlo in piedi! Appena visto questo formato di pasta è uscito in me lo spirito della Sora Lella (sorella di Aldo) eh, lo sò che devo fà quanno me metto a cucinà romano me sento proprio bene! E così ci ho pensato un pò e mi son detta che non c’era matrimonio migliore e….coda sia! Acquistata nel cuore della romanità culinaria: al mercato di Testaccio, ho approfittato del compleanno di mio marito, per ripetere quella gestualità acquisita negli anni che è appunto la lunga lavorazione di questo piatto. L’impegno e la passione che contraddistinguono la cucina regionale in genere, ripagano sempre del risultato.
Richiede sicuramente del tempo (che non abbiamo mai), ma basta decidere di farla in una giornata fredda e piovosa e tutto diventa fattibile! Quando poi assaggi quel bel sugo saporito…quando vedi che si insinua voluttuoso nei paccheri Molisani che diventano scrigni preziosi di bontà, bocconi golosi pronti da mangiare……maddechè volemo parlà! Tiè beccateve stì paccheri e poi diteme!;-)
Coda alla vaccinara (per 6 persone)
Coda di vitellone 1,5 kg
pelati un barattolo da 1 kg.
strutto 30 gr.
olio extravergine 3 cucchiai
sale, pepe
vino 1 bicchiere bianco secco
sedano 1
pinoli 1 cucchiaio
uvetta 1 cucchiaio
cacao amaro 1/2 cucchiaio
Per il soffritto:
una grossa cipolla, una carota, una costa di sedano, uno spicchio di aglio e prezzemolo
Nella speranza che il vostro macellaio di fiducia vi abbia pulito e tagliato per bene la coda……no è…vabbè allora dai che è facile: se la coda è intera bisogna tagliarla a pezzi, incidendola esattamente alla giuntura delle vertebre. Poi una volta divisa va sgrassata, quindi pulita con il coltello delle parti di grasso evidenti. A questo punto lavata e bollita in abbondante acqua salata in ebollizione per 45 minuti. Scolatela e tenetela da parte. Nel frattempo preparate un trito di sedano, carota, cipolla e aglio e prezzemolo. Scaldate l’olio e lo strutto in un largo tegame possibilmente di terracotta e fate appassire il trito. Quando comincia a prendere colore, unitevi la coda, si fa un pò rosolare e si sfuma con del vino bianco, poi sale e pepe. A questo punto i pelati sminuzzati e poi versati nella pentola in cottura. Si mescola bene e si tiene a fuoco molto basso per ben 2/3 ore. Durante questo tempo girate spesso e se necessario, unite qualche cucchiaio di acqua calda. Nel frattempo mondate le coste di sedano, mi raccomando il sedano deve essere sfilato bene e questa operazione è facilitata dal pelapatate. Non c’è nulla di più fastidioso del filo del sedano. Tagliatelo a strisce e scottatelo brevemente in acqua salata in ebollizione e unitelo alla coda in fine cottura. Unite anche i pinoli, l’uvetta e sciogliete il cacao nel sugo. Ancora un quarto d’ora e la coda è pronta: lasciatela riposare per cinque minuti e servitela nello stesso recipiente di cottura. Le tre ore di cottura possono variare a seconda dell’età dell’animale. Alla fine la carne comunque dovrà risultare stracotta staccandosi quasi dall’osso. Che ve posso dì, dovete solo che da provà!
La coda alla vaccinara fa parte di quella che a Roma si chiama la cucina del quinto quarto cioè la quinta parte dell’animale: le frattaglie, ingrediente cardine di molte ricette della cucina tradizionale romana. Il suo nome è dato dagli addetti al mattatoio, appunto i vaccinari, che venivano retribuiti con la coda dell’animale macellato che provvedevano a farsi cucinare dagli osti della zona di Testaccio (luogo del mattatoio). La presenza del cacao non deve stupire perchè nella Roma papalina le spezie erano molto diffuse (anche per attenuare il sapore forte delle carni) e il cacao era considerato una spezia.
Partecipo al Giveaway di Passione Fotografica
wow Sabry che piatto! tu sai vero che pur vivendo a Roma sono una "staniera"? ebbene io la coda alla vaccinara non l'ho mai preparata , pure vivendo qui ormai da anni.. adesso che ho la ricetta made in Rome a tutti gli effetti non macherò magari per le prossime feste di preparala! fantastica…e che gola quei paccheri! brava come sempre:* un abbraccio
Gnam, gnam… Ci vorrebbe proprio in questo momento ^_^
Grazie Sabry cara.
Miky
hai fatto un piatto da 10 e lode! mi piace tantissimo! complimenti! e poi i paccheri sono molto utilizzati nella cucina partenopea e quindi approvo tantissimo 🙂 un abbraccio
complimenti, questa è la ricetta originale e gustosissima, un abbraccio SILVIA
sai che son sempre tentata di provarla, ma siccome adoro l'altra versione non mi decido mai XDXD devo davvero rimediare, la tua mi ha fatto venire una fame XDXD !!! bacione
bellissima e buonissima ricette, di quelle che mi mancano tantissimo. un bacio
espectacular, qué bueno!!!bsts
mi piace!!!! 🙂
molto bello il piatto e grazie per la dritta sul sedano da pelare !!!
Brava Sabry le ricette regionali sono sempre bellissime…la coda alla vaccinara non l'ho mai assaggiata, dovrò cimentarmi!
Un bacio tesoro e buon we
Aaaaaahhhh che buoniiiiiiiiiiiiii!!
sei una maestra anche solo nel descriverle le ricette; fai venire la voglia di provare :-).
Sabry qua giochiamo in casa!Io sono romana d'adozione,mio fratello era un ristoratore e i suoi primi passi li ha mossi a Roma,a s.Giovanni e la coda alla vaccinara era uno dei cavalli di battaglia!
ti abbraccio
Monica
Ciao Sabrina.
sono arrivata dal blog di Silvia, che ha raccontato nel post il suo ripensamento sui sushi.
Lei ne ha parlato così bene che mi ha incuriosito e sono venuta a farti visita.
E ho fatto bene, che blog carino, e poi se il mio compagno vede questo piatto…. Ne mangia il computer.
Buona.
Un abbraccio.
Thais
Ciao 🙂
Volevo dirti che se passi nel mio blog c'è un premio per te! ♥
Buona serata,
Inco.